N A N O = l’ODISSEO = IL PIANETA, DEI *TURHUSENNI > TIRSENI, figli del dio TURHU

Ecco lo sviluppo fonetico di un dio molto antico, dal significato terribile: “Dio della tempesta dl cielo”; era Il dio Hurrita TESHUB, divenuto il dio eteo TARHUI, divenuto la dea tirsena TURAN e TURHUI per dare il nome ai nostri *TURHUsessi > *TURHUsenni > TIRseni > TIRreni.
Il dio TURHUI, nel paese della *TURHUKIA, se lo trovano bello e pronto gli eserciti scesi dagli Urali nella terra asianica dei *TURHUKI; in quella terra, culla della nostra civiltà occidentale, prendendone il nome: I TURCHI.
(I *TURHUki/ Turchi dovrebbero chiedere un gemellaggio con la *Turhuiskana > *Turskana > Toscana).
Ma torniamo al problema: allora, da dove provenivano i Tirseni? Basta farli parlare!
Ecco qui appresso una eloquente BILINGUE, tratta da TESTIMONIA LINGUAE ETRUSCAE, di Massimo Pallottino: TLE 847:
o Odusseùs parà Tursenois NÁNOS kaleitai deloûntos toû onómatos tón PLANÉTEN
“L’Odisseo (l’Astro solare) dai Tirseni NANO è chiamato, il cui nome significa PIANETA.”
DUNQUE: *(S)UT-i-s-seFs > ODisseùs > ‘UL-i-s-se = SOL-a-re’: era un NANOS = un PIANETA ((K)AS-t-ro, SÉL-a-s/ VEL, VEL-i,a ….EL…) = P-LA-ne-ten > *NA-ne-ta = CHE SI MUOVE > VA/ PER IL CIELO).
NA-nos e P-LÁ-ne-ten sembrano differenti, ma basta poco, qualche tocco di analisi fonetica, una correzione meritata, per apparentarle, ricordando che la ricerca deve scoprire, ogni volta, la RADICE MONOSILLABICA: NA-no = P-LÁ-ne-ten < *F-LA-ne-ten < *NA-ne-ten ‘l’errante’; altro esempio indiscutibile ce lo offre sempre Massimo Pallottino con la TLE 1: NU-N-the-ne ‘vai > poi’, NU-N-then-th ‘e vai, e poi’…
Per chiarire meglio l’idea, il metodo, confrontiamo il CLAN etrusco e il KÚROS ellenico; entrambi significano ‘FIGLIO’; ma quali corrispondenze potrebbero avere; intanto consideriamo CLAN; la radice non può essere CL, ma C vocalizzata, -lan, la desinenza, suddivisa e rideterminata così: > *CA-lan < *KA-sas > KA-ras, mentre KÚ-ros, ci restituisce subito la sua struttura, già evidente, da KÚ-o ‘genero’; la difficoltà presentata da Clan, per la scomparsa della A, deriva dal fatto che spesso gli Etruschi possedevano un’accentazione apicale, iniziale, che concentrava, contraeva la parola; resta la diversità della radice: CA/ KU, per indicare ‘il figliato > figlio’.
Ma gli Hurriti con SA-la > indicavano ‘la figlia’; gli Urartei con SI-la, i Tirseni con SE-ch(); con MUWA, un generale, diverrà l’ittita MUWAtallis, il tirseno METELE; erano vicini di casa; i Lici una donna se la chiamavano TiCeuCepre, ma gli Elleni la traducevano TiSeuSembra; stiamo da quelle parti, anche con C, dagli Elleni detto Sigma, pronunciato S; per capirci: C = S; quindi un *CE-lan/ *SE-lan; a questo punto dobbiamo risalire all’ellenico KÚ-o (*SU-o), residuo nel nostro oscuro ‘in-CI-n-ta’; come dire, anche oggi, rimasto celato in un termine insospettabile; ma C-lan ha genitrice ben più solida: la variante *SU-o/ KÚ-o, ma, anche , e meglio *KU-le-sos > KO-le-(s)òn(/s) ‘quella del SU/KU > KO ‘VA-gi-na (la *PHA-ki-na’, risale, invece, all’ellenico, o greco, per noi, PHÚ-o).
Da ricordare che il termine ‘figlio’ deriva sempre da un verbo ‘generare’, quindi, anche PHÚ-o, dal quale PHU, tutti i noti lat. PU-e-r, PU-tus,… l’ell. PA-í-s, il lat. PU-e-l-la (*PHU-e-ku-la…); i PU-c-lois italici, persino la nostra dialettale PU-c-che-l-la < *PHU-ke-ku-la ‘bambola’; compresa la *PHU-ka > *PHI-ka > FI-ca, ritenuta una parolaccia, ma indicava , solo, allora, l’organo del FI-glia-re…; dall’ell. PHÚ-o, ripeto, ricordato sopra.
Questa parentesi, per avvertire che le parole vengono analizzate con scrupolo e competenza.
Non invento nulla. Analizzo: radice, più desinenze, sempre monosillabiche.
Senza troppo spiegare ancora, basta questa veloce esposizione minuziosa; ma occorre sapere, ancora, meglio, che la lingua originale, del nostro uomo primitivo, di qualunque uomo primitivo, quasi muto, borbottone, gridone, era sempre MONOSILLABICA; si capisce che poteva articolare, ad un tratto, solo semplici suoni, di certo imitativi, onomatopeici, vocalizzati: BU. MU, SI,…; la desinenzazione aggettivale indicativa sarà avvenuta lentamente, per articolare, precisare meglio i concetti monosillabici (* > BU-na, MU-sa, SU-ta….), collocarli con esattezza nello spazio indicativo, di appartenenza …; qui appresso presento un esempio con NE ‘cielo’, nesico NE-pis ‘cielo’, russo NE-bo ‘cielo’, varianza NA ‘cielo = acqua’, chiarissimo attributo; il Cielo non solo era acqua, ma anche AN-i-ma ‘aria-soffio…’, LUCe, FUL-mi-ni…; lo spazio del SOLE errante; era una divinità dai molteplici attributi; lo sviluppo del NA, le varianze: NA-ve “quella dell’acqua”, NE-ve, NE-bbia, NE-mbo, NI-n-fa, NU-be, NU-vo-la/ *NU-Fla, dio etrusco NE-thu-ns > *ne-F-tu-nus > latino ne-P-tu-nus (F > P infissi) ‘dio della NE = acqua’…; gr. NÉ-o ‘lavo’, NE-phé-le ‘NU-vo-la’…
Quindi, tra PIANETA E NANO, basta poco, la differenza è solo fonetica: però, diciamocelo: di quale lingua si parla, chi mai usava quel termine NUNA, in bocca ai Tirseni, DOVE, per indicare il MOVIMENTO? Se fossero stati italici, come avrebbero potuto conoscere lingue così lontane nel tempo, e nello spazio?
Intanto nell’Ellade (così, loro, i Greci, chiama(va)no la loro patria, derivando anche il loro nome dalla dea contesa ELéne < gr. SÉL-a-s “splendore’ > *SELassa > SELánna (Saffo) > SELéne > ()Elena ( = Luce = Luna); ce lo ricorda anche l’EL(l)es-PO-n-to ‘ di SEL/ FEL/ EL- ‘Sole’, PO-n-to, PO- ‘acqua’ “del Sole-mare”; Ilio stava oltre le colline, lì sopra l’eteo a-su-wa- ‘cavallo’ > AES-e-pus…AS-i-no); tornando nell’Ellade, per NUNA, nella loro lingua individuiamo NÉ-o-mai ‘vado, vengo’, NÓ-s-tos ‘il ritorno’, ‘la NO-s-t-AL-gia ‘del ritorno - la passione/ il dolore’; quindi la radice girava per altre etnie, e paesi, ad esempio in AHHIJAVA “Akaia > Asia (Minore)”; dove Thutmosis ricevette doni dal “Gran Cheta” “Gran regnante / Grande re” (O. R. Gurney, “Gli Ittiti”, p. 20, 25, 52); questo nome mi pare che possa adattarsi alla TLE 719, cath, catha; ….alla 359, che comincia così: cauthas tuthiu avils LXXX…..”, per la quale potremmo tentare una prima ipotesi: “Il Cheta > il regnante della città (dice, ordina …): per anni LXXX si….,da/ per …”; il termine tuthiu lo accosterei a tute, e simili, con il senso italico di ‘città, civico….’ (da Vittore Pisani: “Le lingue dell’Italia antica oltre il latino”, Indice: tote, tute, tuvtiko-, toutico-, totai, toFto, touto).
PER DIRE LA VERITA’ CI AIUTANO LE LETTURE, non la fantasia; non si pensa adeguatamente senza libri in testa, senza averli digeriti; ci aiutano; ecco, infatti, su “STUDI MICENEI ED EGEO-ANATOLICI, Fascicolo quinto”, ROMA. EDIZIONI DELL’ATENEO, 1968; PAG. 99: ci leggiamo una straordinaria, reale rivelazione: quel N U N A, P R O P R I O, che cercavamo:
(uru Ar)dinidi NUNA-li 1 Ispui(nini) (id Sar)duriehi I Menua 1d Ispuini(hi):
“(Alla UR(bs)/città di Ar)dinidi (Musasir) VENNERO ( I = uomo) Ispuini (figlio di Sar)duri, e Menua, figlio di ( I = uomo) Ispuini.”
Quel trattino, per indicare ‘uomo importante’, a quel tempo serviva; i pochissimi, capaci di leggere, avevano bisogno di segni chiari, parole spiegate, che chiarivano la lettura; ad esempio, se scrivevano TAVOLO, lo facevano precedere dall’ideogramma LEGNO….
I Sumeri con LU indicavano ‘uomo’; con GAL ‘grande’, quindi LU-GAL ‘uomo-grande”, gli serviva per significare ‘RE’; si capisce che dovevano, in qualche circostanza, riferirsi anche alla moglie del re; e come potevano risolvere, superare quella difficoltà, senza una desinenza; semplice: ponevano un simbolo femminile davanti a LUGAL, ossia scrivevano SAL-LU-GAL ‘la FEmmina/DOmina > DO-n-na- dell’Uomo- Grande’, per noi solo REG-I-na’, senza incollare significati diversi; ci basta la desinenza -na.
Le civiltà si mescolano, come sempre, come avviene anche oggi; per varie ragioni storiche, commerciali, ambientali, belliche; anche gli ETEI ne furono toccati da questo sistema; da PIERO MERIGGI, MANUALE DI ETEO GEROGLIFICO Parte II: TESTI – 2° e 3° SERIE, pag. 254, leggiamo un misto di linguaggio:
fr 11; a-wa was wa-x-URU- i k i(8)9 KUTI2-ma.sa k GAL-SALLUGAL ha-su-s1-ra-s k ar-ha k WI-mu-yu
“e la gran REGINA della terra….. s-cacci i …..”
Sopra è stata mantenuta la scrittura sumera: “la GAL/Grande-SAL/femmina-(dell’) LU/uomo GAL/grande = “REGINA”, ma in questo frammento di frase, sopra, ci siamo noi, di seguito è tradotta con lingua etea, indoeuropea: HASUS-ras (*hasus-a-sas) ‘regina’, composta da HASUS ‘re’ (in molte iscrizioni spesso celato da lugal-us = (has)-us), più -sas > -ras, desinenza per indicare ‘la reg-i-na’, la con-sorte/ moglie’ del nostro Reggente, desinenzato con i dimostrativi genitivanti: hasus ‘re’, *hasus-sas ‘del re-quella’, come ho spiegato innumerevoli volte: -sa,-sas, -si….. -sa-sas > -sa-ras > -sa-nas… per esprimere il concetto al modo indoeuropeo tramite desinenza, non tramite ideogramma.
La differenze è enorme.
Anche il sumero AP-su ‘l’ABisso = acqua’, sa di APia ‘acqua’, termine arrivato fino ad Appio Claudio ‘Acqua Zoppa’; pure il dio sumero DIGIR mi sa di indeuropeo; c’è un po’ del tirseno TI(N)S > TI-nCH(-vil), che vuol dire ‘(dono) per il dio THI = luce/sole’ > ‘(D)IOvila > IOVILA’, *DiuVileVo > GiuBile(F)o; già girava da quelle parti anche il dio UTU, origine indoeuropea, da: *SATu > *SAT-u-s-sus > SAT-u-r-nus …. > SUTu > UTu > *UTussuFs > *ULussus ‘ULisse = il SOLare’; gr. *SET > *FET-os > FÉT-or/ ÉT-o-r > *ATno ‘Sole’ > (tempo dell’) ‘AN-no’; (S)ET-na ‘il fuoco del vulcano’ (Polifemo < *BalliFemo ‘il Lanciatore (di massi’), ET-ra… Anche per questa sua natura errabonda, il SOLE/ FUOCO/ LUCE, ‘il dio SOLare’, dopo tante avvedute prodezze per la guerra di FÍlios, doveva (poeticamente) per forza ritornare verso Occidente; la dimora del riposo, del sonno con la sua bella Penelope (*F-EN-e-lo-Fe > *EN-e-se > *EN-e-le; dea EN). La patria (ogni patria antica) non poteva che significa “LUCE/ SOLE”; basta soffermarsi sulla varianza della radice SAT > SET > SIT > IT: IT-a-ca, IT-a-lia, *ET-u-ru-s-sia > *ETuruskja/ ETruria; tutte derivate dal dio SAT(u-r-no), nato a dicembre, si capisce, quando il dio Sole ri-sorge …./ SET/ SIT/… FAT/ FET/ FIT…MIT (MIT-ra, nato a dicembre); AT/ ET/ IT; per suggerire che l’ITalia era il ‘Paese del sole’, come ripetuto tantissime volte (altro che VITulus, per V-IT > IT-a-lia). Ricordare, anche il nostro Natale, spostato, …… quattro giorni dopo, per evidenziarne la differenza.
Gli Etruschi velsini ANNO se lo chiamavano AVIL (*aFil < AL > EL); messo così sembrerebbe del tutto estraneo al mondo ellenico, ma se gli facciamo l’autopsia, lo facciamo passare sotto il torchio fonetico, ecco che deve confessare, mostrare il primo indizio, ossia contiene un V/F di troppo; dovremmo avere ÁL(-ios) ( > ÉL(-ios), soltanto, con il significato di SOLE = ANNO, solo che ÁL(ios) > ÉL(ios) discendono dall’ellenico SÉL-a-s (sOle) ‘splendore’, troppo lontano per i suoi discendenti fonetici; il problema sta nel supporre > sapere che molte parole, con inizio vocalico, in realtà persero la S iniziale! Ecco allora l’ellenico SÉL-a-s ‘splendore’, già presentato; che, con l’introduzione della O, uso più recente, rispetto ad altri tempi, ci si evolse con la veste di SOL-e; ma la prima forma ebbe più fortuna; molti discendenti (deduzioni ripetute, ripetute): SÉL-a-s: *SEL-a-s-sa > SEL-á-n-na (Saffo) > SEL-á-na > SEL-é-ne > ()ELéne/-a, con la sua piccola, grande anima AL/ EL; si vestì con la F > V: etrusco V-EL ‘Sole’, nome di uomo, V-EL-i-a ‘(nome) di donna…; V-EL-s-na > *V-OL-s(e)-na > *B-OL-s(e)-na > B-OL-se-na; …. F-ÍLios, ÍLios; F, se lo spinse dentro aFil, per aVil ‘sole = anno’; aVil-ch-val ‘annuale’; FaFil…..PoPulonia…
Gli Etruschi conoscevano anche RI-l per indicare ‘ANNI’, ma RI- ‘sole’, ci porta subito al dio RA ‘sole’, RA etrusco, RA-ma > RA-ma-tha (dio b-RA-ma), nome di donna; RA-g-gio, lat. RU-ber, sab. RU-fus, RO-s-so, *e-RU-s-sos > ell. e-RU-t-rós …RU-ma ‘(città) del Sole’; …o-RA; da accomunarla, per la variante R / N, anche a NU-ma “Città della luce/ sole/tempo”; testimoni latini residui: NU-me, NU-nc, NU-per…; come dire che tra RE-mo, RI-l-, RO-ma, RO-mo-lo, RU-ma-ch e NU-ma esisteva un intreccio luminoso: popoli, città, e governanti, con molta luce. A quei tempi i nomi importanti si riferivano tutti alla LUCE….
Sulla rivista STUDI MICENEI ED EGEO-ANATOLICI, Fascicolo quinto, ROMA, EDIZIONI DELL’ATENEO, 1968, ho trovato l’equivalenza RUMA = NUMA, a pag. 39:
“ruwan in altri termini è lo stesso dell’eteo cun. nuwan / numan che si è dissimilato rotacizzando l’iniziale secondo il modello di laman da nomen , come del resto è avvenuto per es. in maruha da manuha….”
Ditemi se la nostra civiltà non proveniva dall’Asia Minore, poi dalle Isole greche, dall’Ellade.
Quindi, anche in Italia, stiamo con i lontani, asiatici RA ‘’sole’, sceso anche in Egitto, arrivato da noi con l’etrusco RI-l ‘soli > anni’; e l’intera famiglia nostrana accennata; tenendo presente che RU-ma-ch indicava ‘il RO-ma-no’, con U > O, dato che la O non esisteva nei tempi antichi; eccoci all’evidente confronto tra RU /NU, ossia tra RU-wan e NU-man; quindi tra *RU-ma/ NU-ma, elette dalla ‘Luce’, la nozione di tempo; è esatta la parità semantica tra RU-ma = NU-ma; approdate nel Lazio chissà quando, prima della storia.
Chi non ricorda NU-ma POmpilio = NU-ma *FuFilio/ *SEL-io > *Felio “il NU-me EL-io/ SOL-a-re”. Siamo prima della storia; allora vi era ancora la parità tra RU/NU; per il latino NU-nc, NU-per ancora esiste la nozione SOLE = LUCE ‘TEMPO’; un residuo di parentela con il NU-me. Comunque sappiamo che fu proprio questo re solare a stabilire le leggi NU-ma-ne > RO-ma-ne; solo la Luce poteva permettersi di ordinare le regole giuste per l’uomo.
Ma torniamo ai Sumeri: qualcuno immaginerebbe, affermerebbe: ‘sono solo fantasie’; possibile che gli Europei già gironzolassero, prima di loro, per quelle terre? Già PRIMA? SOPRA, TRA i due fiume, il Tigri e l’Eufrate?
I Sumeri, nelle terre occupate da loro, trovarono GIA’ molta civiltà RAFFINATA (l’ho letto, credetemi, su libri stranieri; li conservo), anche la città di LARSA, ossia di LARISSA vi trovarono; allora ve ne erano cinque, in Asia Minore; nell’ “ANABASI” Senofonte ne menziona anche una distrutta; questo nome esiste persino ora in Italia; lo porta una etruscologa, che insieme con il padre scrisse un bel libro sulla lingua etrusca (Giuliano Bonfante LARISSA Bonfante: LINGUA E CULTURA DEGLI ETRUSCHI, ED. RIUNITI):
I Sumeri erano Barbari; come tutti i Barbari, antichi e moderni, i Barbari cercano sempre di distruggere la civiltà presente nel luogo occupato; lasciando zero ricordi per chi rimane; come avvenne per gli Etruschi; si salvò ciò che rimase celato nelle tombe, difficili da scoprire, rapine provvide dei tombaroli; ed un panno antico, intorno ad un’antica Mummia, scoperta troppo lontano, in Egitto, in tempi troppo vicini a noi.
LORO, i Sumeri, occuparono un territorio civile; vi trovarono la civiltà di ‘OBEID, di LARSA, di SUSA, città dalle opere raffinate (ripeto, da libro straniero), la civiltà di ARATTA, montana e robusta, ricca di opere , di mezzi, persino di zaffiri; la civiltà sarà scesa dall’Europa Centrale (http://www.preistory.it), fino ai FIUMI, girando prima sulle colline di quella città scoperta da poco, JIROFT, per la quale ne scrissi anche per ‘La Repubblica’ (rimasto aggricciato chissà dove; ma l’articolo si legge su Google). I Sumeri, ad un tratto, capirono che non possedevano scritti; era ormai chiaro a chi comandava che le parole dei messi non erano state affidabili, credibili, i messaggi infecondi; cosa fece, allora, il re sumero Enmerkar, niente, lui, perché fu ispirato, come al solito, dal dio Sole; allora, sotto dettato della divinità, sulla creta cominciò a tracciare ideogrammi COME SU UNA TAVOLA, ossia COME scrivevano GIA’gli Indoeuropei della città di Aratta; il re… lo immagino, smaneggiava; aveva PROPRIO QUEL MATTONE davanti agli occhi, ci giurerei; lo scuoteva, pensava intensamente ad Aratta, si capisce (leggere su “L’archeologia nella stampa internazionale”, CHN Cultural Heritage News Agenay, l’articolo di Andreas M. Steiner, relativo a “Gli scrivani di Jiroft”, Iran sud Orientale); questo nome Jiroft, dopo secoli, e linguaggi diversi, è una varianza palese del vero nome ARATTA; vi figura nell’articolo una tavola scritta); insomma ENMERKAR SI MISE A SCRIVERE, con il dio Sole, che guidava la sua mano; si rivolgeva a quella città civile con autorità, ordinando al re che mandasse quanto lui imponeva, dietro chiare minacce di distruzione (come Barbari non possedevano le tecniche di costruzioni, si capisce; le splendide opere artistiche di Susa regredirono; SI CAPISCE: OGNI VOLTA NASCEVA UN Medio Evo, da qualche parte …). Poi, si dice che la Storia è Maestra: SI ripete! Come sempre, come ora; basta leggere le continue minacce reciproche).
Ora vediamo qualche frase, tratta da Raimond JESTIN, ABRÉGÉ DE GRAMMAIRE SUMÉRIENNE, GEUTHNER Manuels, pag. 108:
:
IV. –Texte < juridique de la III° dynastie d’Ur (RTC, n. 289; ITT, II, I, 23, n° 759,
di-til-la Jugement rendu33,
GIm-dEn-lil-la Gim-dEn-lil-la
Lu- d Utu dumu Nig-d Ba-u-gé Lu- d Utu, fils de Nig- d Ba-u,….
Questa GAMMATICA termina con un CONSIGLIO valevole anche oggi, scritto all’esterno dell’ultima pagina:
tukum-bi ki-na-me-és nu-du-dè-en
a-na-as u4 mu-e-zal
é-dub-ba-a-zu-sè gin-na
é-dub-ba-a-zu-sè gub-ba
“Si tu ne sais où aller, comment passer le temps,
“Se tu non sai dove andare, come passare il tempo,
“Rends-Toi à la Maison des Tablettes,
Vai alla Casa delle Tavolette,
Instruis-Toi dans la Maison des Tablettes!”
Istruisciti nella casa delle tavolette.”
Le sage Scribe et son Disciple
Il saggio Scriba e il suo Discepolo
Come è evidente, si erano ben civilizzati. Lo testimoniano moltissimi scritti. Persino un Poema (GILGAMESH ed ENKIDU…). Potevano aspettare solo altri barbari, capaci di disperderli, rincorrendoli per il deserto.
Ancora oggi esistono , ma sono ormai Barbari civilissimi… I fantasmi si trovano nel subcosciente dell’uomo; essi, quelli di ora, credono di essere più civili, ma hanno certe pallottole, molto più scientifiche, umanamente parlando; e come allora, chi ha in pugno un bastone, impedisce all’altro di trovarsene uno per sé, nuovo di zecca, per difendersi.
Molti non lo sanno, ma gli Indoeuropei scrivevano sulle TAVOLE; si veda anche la REALE foto di una ROBUSTA TAVOLETTA, sull’articolo citato; da spaccare gli occhi, come una di quelle che avrà fatto pregare il re sumero, sul punto di tracciare i segni sulla creta. Gli Indoeuropei scrivevano anche sulle PELLI, persino sulle SCORZE; ma vantavano ANCHE una robusta memoria orale; con il risultato , ovvio, che le TAVOLETTE indeuropee le fracassarono i Conquistatori, e quelle CRETACEE SUMERE, dei vincitori vinti, bruciate dagli incendi provocati dai nuovi Barbari, fortunosamente SI COSSERO, E QUESTE RIMASERO solide tra la polvere e il DESERTO CALDERONE; purtroppo le TAVOLETTE (specie, quelle di legno, se le avessero usate) NO; ma la civiltà PRIMA e durevole fino ad oggi, è stata solo INDOEUROPEA; LUMINOSA NELL’ELLADE; INSUPERABILE, a quell’EPOCA; checché ne dicano gli entusiasti dei Barbari Sumeri; istruiti dalla cultura delle loro conquiste, conservata dal deserto.
Si leggano i miei scritti, per capirne le ragioni. i TANTI LIBRI, da me LETTI; DECINE E DECINE; ELENCATI NELLE MIE OPERE. Ma prendiamo ancora ODIsseús; diamogli una corretta; le parole andando qua e là si snaturano, cambiano i suoni, li intralciano, intrecciano; le parole sono come noi; con il tempo e altro luogo, tutto cambia, lo sanno in troppi: INFATTI: il termine presenta la O che ancora, in tempi remoti, non esisteva; nemmeno gli Etruschi l’avevano; anche la D non esisteva, nemmeno gli Etruschi la usavano; quindi, quindi dovremmo presentarcelo non alla maniera ellenica, per noi greca, tardiva, diciamo pure recente, per quei tempi, ma così, eccocelo, nudo e crudo: *UT-u-s-seFs (F > U infisso, estraneo); ma non ancora è corretta, perché l’iniziale, che cadeva, era spesso la S (S-UD-o-re = acqua = ell. ()Ú-D-o-r; lat. SEP-te-m ‘SET-te’, ell. ()EP-tá…), come dire, allora scriviamocelo per capircelo meglio, *SUTU-s-ses > *SUTU-s-seFs; dalle desinenze si capisce che si tratta di un derivato, ossia di un’aggettivazione genitivale, eccoci, allora, davanti alla radice *SUTu > UTu ‘dio’ > ULu * > SUTusseF > UDisseF > ULisseF “il (dio) Solare”….; ERA l’AStro che NUNA > CAMMINA per il cielo, come…un PIANETA; ma ha bisogno di riposo, allora decide di tornare nella sua *SUT-a-ca > *S)Itaca > ITaca, IT-a-lia…, a Occidente.
Un po’ di ginnastica fonetica, roba glottologica, aspra, presa da libri antichi e moderni; non va usata qui troppa, altrimenti si entra in una selva sonora irresistibile.
Ci resta, dunque, l’iniziale SUTU > ()UTU; MA UTU, i SUMERI, non credereste, credeteci, lo usavano per indicare DIO; facilitava chi si ritrovasse a leggere; leggeva DIO tal dei tali….Tutti i popoli (e i potenti) derivavano il loro nome da una divinità del cielo, luminosa; gli Hurriti adoravano TESHUB ‘Dio della tempesta del cielo’, nientemeno; questo dio passò agli Etei con la varianza di TARHUI, ai Tirseni, lì vicini, che se lo chiamarono con una dizione più buia: TURHUI; da qui la loro dea *TURHAN > TURAN; gli Elleni li dissero TURsenoí/ TURrenoí; discendevano dal vecchio dio TESHUB, variato come accennato ancora.
Una curiosità interessante: gli Elleni conoscevano i Tirreni, ma non gli Etruschi; gli Etruschi conoscevano i Greci, ma non gli Elleni.
Ecco un esempio su UTU: da Piero Meriggi, MANUALE DI ETEO GEROGLIFICO Parte II: TESTI – I° Serie
ROMA, EDIZIONI DELL’ATENEO, 1967
Pagina 28, fr .20: wata k D TARH-hu-ti-a D UTU-tia D KU-125-pa-pa-a –ha ta-na-mi-a -ha-
a-wa D-nsa-a NA-ti-a SAR-r-a 45-a-r-ti-va
“al dio (Teshub >) Tarhui > ( > Turhui), al dio SOLE (UTU) e al dio KUpapa (Kubaba), inoltre a ogni divinità…lo…“
Come erano antichi; e quali vicini avevano, altrettanto antichi; quando li sopraffecero gli ITTITI, costoro li ammirarono; ne ricordarono con ammirazione gli usi e costumi, anche le gesta; se si controlla l’elenco dei re ittiti, si scopre che i PRIMI DUE hanno nome tirseno; infatti uno si chiama THANA, ma scritto come PIthana; quel PI proprio ha scombussolato le interpretazioni; però esso è errato, perché il PI indicava il dio: dio-THA-na; come la variante per il re ittita PU Sarruma, come il nostro VE IOVIS ‘dio Giove’…
Diciamo qualcosa degli ultimi DUE re tirseni, riportando poche righe di un bel testo (tradotto in tedesco, quindi può capirlo chiunque conosca quella lingua) con il quale gli ITTITI ricordavano i loro predecessori Tirseni:
Da TITUS Didactica Hetitische Textebeispiele Hittite Sample Texts:
mA-ni-it-ta DUMU = PI-it-()a-a-na LUGAL
URU KU-us-sa-ra QI-BI-MA
ne-pi-is-za-as-ta DISKUR-un-ni a-as-su-us e-
es-ta
na-as-ta DISKUR-un-ni-ma ma-a-an a-as-su-
us e-es-ta
URU Ne-e-sa-as LUGAL-us URU KU-us-sa-ra-as
"Anitta, figlio del dioTHANA, re
della città di Kussara DICE:
al CELESTE dio Tarhunni caro
era;
ma al dio Tarhunni più caro
era
del re di Nesa il re di Kussara...."
(Kussara, mi suggerisce CISRA)
Questo inizio del documento ittita, in lode del re tirseno ‘Anitta’, figlio del “Dio THANA”, non solo è un esempio della scrittura di allora, sillabica, come si legge, ma vi concorrono un misto di lingue, una scrittura composita; per quanto ci riguarda, l’esempio da rilevare con maggiore interesse ce lo offre il termine: *NEPISSASTA, e T U R H U-nni, ovvio; il primo ha una radice, NE, molto desinenzata; in realtà la sillaba significante è solo la NE, NE-pis ‘il cielo’, il tutto è un’aggettivazione -s-sas-sa’; nel tirseno troviamo NEtsvis TLE 697; NE-pis-sas-sa ci offre l’esempio chiaro di un’ aggettivazione proprio indoeuropea ( tipo (S)AL-i-kar-nas-sós, PAR-nas-sós…; conte-s-sa, cip-res-so…), per dire ‘del cielo > celeste/ celestiale’; altra osservazione notevole deve andare alla parola DISKUR-un-ni, il gruppo, con le maiuscole, è un nome divino,che cela il nucleo significante (TURH)-un-ni! ASSUS, in quel tempo, in quel luogo, voleva dire ‘re’, ma due volte viene usato LUGAL-us, dove sotto all’ideogramma composito si nasconde proprio l’autentico ASS-US ‘re’.
Rimaniamo ancora a quei tempi, con la dea MA, ME… > ‘Luna’; era la padrona del cielo, del tutto certa la sua regolarità; si pensi al ME-se, ai “cento ME” dei Sumeri, all’ellenico MÉ-ne…; a MU-wa, generale Hurrita, considerato GAL lumes MESEDI “Grande delle guardie del corpo”, che forse uccise la regina; questo MU è una variante del ME: il ME-se della Luna, MA-ne, MA-t-ti-no, MA-tu-ta, tedesco MO-na-t….MO “adesso”; ma anche il re tirseno/ ittita *MU-wa-tas-sis > MU-wa-tal-lis “quellodeldio-MU” (Eothen, QUATTRO STUDI ITTITI, a cura di Fiorella Imparati, ELITE),ERA il ME-te-le tirseno, il Metello nostro. Quanta strada, un nome; per una delle innumerevoli storie perdute.
Kuruntas (*Quirin(t/n)o, a RU-ma) era un re della città di Tarhuntassa (notare il dio Tarhun) ; Muwatallis la frequentava; trattati legavano questa città, amica degli Ittiti (QSI, c. s.); le loro famiglie erano imparentate; ma il re Muwatallis fu, ANCHE, il PRIMO a visitare la città di VEL-u-sa/ VIL-u-sa > FÍLios > Ílio; quel re tirseno/ittita che fece giurare il re *Filiese Alaksandus sul dio del Fiume sotterraneo; ancora si chiama AESepus (dall’eteo ASuwa ‘cavallo’; vi deriva AS-i-no, è evidente,più durevole, fino a noi), che sgorgava ai piedi della collina rocciosa, dov’era la dimora del re, il tempio della contesa divinità SELéne > ELéne = “Luna”; due torrenti vi confluivano/ confluiscono …; il re ALAKSANDUS (* > ( (S)EL-a-s/(S)AL-a-s/(S)AL-a-s/k/- sa-s-sus “il Solarissi-mo”), giurò nel 1300 a. C.; PRIMA della guerra contro la sua rocciosa cittadella divina, di ILIO (non di Troia, città molto FERTILE, lo scrisse Omero, molto meglio informato di noi).
Nessuno è andato a sberlocchiare sù sopra, o scavare lì intorno, o tastare lì sotto i detriti millenari. A meno che non ne abbia approfittato, allora, qualche cittadella troppo vicina, per correre ad appropriarsi di massi, come per una ricostruzione delle tante TROIE FERTILI, l’una sull’altra, e quant’altro; o per edificare, anche più in là, per una cittadina nei pressi dell’Ellesponto. Ce ne dev’essere almeno una. Potremmo studiarla; capire se conservasse tracce di millenni fa; ILIACHE.
Sto tracciando gli indizi di questo popolo asianico; di questa radice luminosa: MU > MU-wa (‘il Generale) * > MU-wa-ta > MU-wa-ta-s-sis , di un re nostro , chiamato Muwatallis, fortissimo; fu presente anche nella battaglia di CADHES, qualcun altro arrivò fino in Egitto, vi si fermò, rappresentò anche lo stato; su “La civiltà etrusca”, di Philippe Aziz, tra l’altro, si legge di un certo tirseno, che si chiamava An-en-TURSHA, ed era “Il maggiordomo del Faraone!”. In Egitto fu ritrovata la più LUNGA ISCRIZIONE di questo popolo errabondo, il LIBER LINTEUS ZAGRABIENSIS, testo suddiviso in dodici parti; numero sacro; alla fine questo residuo di popolo rimase sotto i piedi dei Lidi; resistette per diciotto anni di fame, alterna, un giorno sì, l’altro non si mangiava; ma alla fine il re lidio, per disfarsene, li imbrogliò con il trucco del tiro a sorte a chi doveva partire; chi non capisce subito che dovevano partire i VINTI, i Tirreni, guidati, manco a dirlo, da Tirreno; ce lo ricorda Erodoto, che non inventava storie ma se le faceva raccontare, e le raccontava, poi, anche lui. Anche a noi.
Si legga ERODOTO, Le Storie Libri I-II- Lidi, Persiani, Egizi con testo a fronte
I grandi libri Garzanti, p. 460: vanno così, corrette: 94/ p. 107, 109
I contatti con quell’Asia Minore, culla della nostra civiltà, prima che gli Elleni si insediasse nell’attuale Ellade, erano molti; si giudichi questa iscrizione, tratta da TESTIMONIA LINGUAE ETRUSCA, TLE, N°135:
CAMNAS . larth . larthals . atnalc . clan . an . suthi . lavtni . zivas . cerichutesamsa . suthith . atrsrc . escuna . calti . suthiti . munth zivas mursl XX
“Di CAMNA (Camana) Larth (La(e)rte) di Laerte e di Atna (Atena) figlio. Costui la tomba di famiglia ha costruito. Della tomba anche i fratelli (famigliari) sono proprietari. In questa tomba vi sono posti per urne venti.”
Chi volesse minuziose spiegazioni le può cercare nei miei cinque libri. Qui ho presentato CAMNAS, in modo visibile, perché questo nome l’ho trovato su Piero Meriggi, MANUALE DI ETEO GEROGLIFICO, Parte II: Testi – I° Serie, pag. 33, fr. 12: Ka-ma-na- n – pa-va-a s°na-a-ta-la-n UR-r-na-ha-a
“ma CAMANA (a mio) successore ho innalzato”
Come mai, anche Camna e Camana abitarono là e qui da noi? Chi si portò dietro quel nome, se non i Tirseni asianici? E RAMATHA? Nome femminile, non era una divinità, se da quelle parti veniva detta ‘dio RU-wa-thia? E USIL ‘dio Sole’, unito con TIWATIA/ TIVR, non significano entrambi divinità della “LUCE”? che ritroviamo nel FEGATO DI PIACENZA: USIL distingue tutto lo spazio che descrive l’iter del sole, durante l’anno; mentre TIVR (TIVAT-), delimita lo spazio della “LUCE (lunare)?
(Io ne ho plasmati due: uno in ceramica bianca, l’altro in ceramica rossa.)
Le parole da sole non camminano, se le portano dietro gli uomini, nel sacco della voce.
I defunti etruschi hanno decine di nomi GRECI, basta che si apra uno delle centinaia di libri che ho sugli scaffali; consulto un nome a tutti noto: GIOCOMO DEVOTO, in SCRITTI MINORI **, FELICE LE MONNIER – FIRENZE 1967; elenca a decine i nomi omerici; una visitina, molto piccola; leggere l’opera “L’ETRUSCO DESTINATARIO DI PAROLE GRECHE”, da pagina 92 a pagina 115, ne riporta molti, variati nell’uso etrusco, ma riconoscibili: Artemis = ARTAM; Atalante = Athal; Europe = EVRU; Telephos = TELE….Eteokles = EVTUCLE; Diomedes = XIUMITHE…… Herakles = HERCLES Achilleus = AXILE ; Odusseus = UTUZE …
Leggerli per credere.
Come si può constatare; sono stati adattati da altra lingua; quindi interpretati attraverso un modello, direi dialettale, rispetto al greco delle isole.
Nel mio lavoro, riferendomi ai Greci, o Elleni, li indico con due nomi diversi; come già visto (da SEL > FEL EL); e quello relativo alla civiltà di Creta giunto fino agli Etruschi, attraverso le isole, in particolare l’isola di CRETA; i Fenici già ne testimoniavano l’esistenza con una iscrizione che riporto nel mio ultimo libro; la intendo come civiltà delle isole, estesa all’Italia Meridionale, fino all’ETRURIA; o quella, continentale , gli Elleni; la traggo dal mio recente libro “ISCRIZIONI TIRSENE E VELSINIE (etrusche) A CONFRONTO”, a p. 85:
Testo fenicio b: CIS I, 48, Amadasi e Karageorghis 1977: 89 n° B 40.
.1 HMSBT ‘Z L ‘SMN’DNY SRDL, BN ‘BDMLQRT BN
.2 RSPYTN MLS HKRSYM
.1“Questa stele (funeraria è) per SMN’DNY SRDL, figlio di ‘BDML-QRT, figlio di ‘BDML.ORT.
figlio di
.2 RSPTYTN interprete dei K R E S I (*KUR-e-si, KUR-e-ti, *KUR-e-te-si, *KU-RE-KI)
I legami sarebbero tanti. Sarebbero.
Venuti in Italia, dopo secoli, ci pensarono i Romani latini a farli fuori, insieme con i VELsini, i fuggiaschi da Vilios, e gli ITalici, venuti per primi nel SUD, insieme con gli ITacesi, quelli di ITaca; si diffusero poi all’interno con la variante *IT-a-lu-si-si > *ET-u-ru-s-ki.
Successivamente, come si usava, ci pensarono i Barbari di turno a sbarazzarsi dei Latini, diventati troppo opimi, per eccesso di civiltà, da non riuscire più a difendersi dai BARBARI.
Ma diamogli la serie dei re ittiti, per capire dove abitavano i Tirseni, prima degli Ittiti: governavano in gran parte dell’Asia; governavano protto: così è scritto male, l’ho scritto; andava separata la sillaba divina PI/ Dio, dunque pi THANA ‘dio LUCE’, chi non si ricorda i THANA, riportati nelle TLE: 302, 391, 454, 458, 538, 591, l’ iniziale della regina tarquinense: THAN-CHVILUS “THANA-chila” “la LUCENTE/ la Luminosa”, quella regina POTENTE, MATRIARCA, che si portò dietro il suo docile Tarquinio, il suo ubbidiente marito (ci sento un pizzico di….. Matriarcato, che faceva arrabbiare Elleni e Romani per quelle femmine accanto agli uomini!); se lo portò a Roma, sotto ottimi auspici, perché vi si prendesse il potere; come fece; così raccontano; il secondo re tirseno si chiamava AN-i-t-ta, tanto vicino al nome tirseno Arnth/ *Annete). Gli Ittiti apprezzavano la civiltà trovata in quei possedimenti; in un documento in lingua ittita, tradotto in lingua tedesca, come visto, vi è riportata la conquista di una città; vi sono descritti atti veramente magnanimi verso certi strati deboli della popolazione assoggettata.
Siamo prima del 1740 avanti Cristo; a questa data cominciano i re ittiti:
Tudhalijas I, 1740-1710
pu- Sarrumas (ecco ora un PU, come il PI tirseno, per indicare il dio) 1710-1680 Figlio
Labarna I (tirseno LA()RNA?) 1680-1630 Figlio
Labarna II = Attusilis I 1650-1620 figlio
Muwrsilis I, 1620-1590 figlio adottivo
Hantilis, I 1590-1560 Cognato
Zidantas I, 1560-1550 Genero (?)
Ammunas 1550-1530 Figlio
Huzzijas I 1530-1525 ?
Telepinus (leggere “LE LEGGI ITTITE” di F. Imparati) 1525-1500 Cognato
Alluvamnas 1500-1490 Genero
Hantilis II (?) 1490-1480 ?
Zidantas II (?) 1480-1470 ?
Huzzijas II (?) 1470-1460 ?
Tudhalijas II 1460-1440 ?
ARNUVANDAS I (tirseno Arnth) 1440-1420 figlio
Hattusilis II, 1420-1400 Fratello
Tudhalias III, (*Tundle) 1400-1380 Figlio
Suppiliulumas, 1380-1340 Fifglio
ARNUVANDAS II (tirseno Arnth) 1340-1339 Figlio
Mursilis II 1339-1306 Fratello
MUVATALLIS (tirseno Metele > Metello) 1306-1282 Figlio
Uri-Tesub (Mursilis III) 1282-1275 Figlio
Hattusilis III, 1275-1250 Zio
Tudhaljas IV 1250-1220 Figlio
ARNUVANDAS III (tirseno ARNTH) 1220-1190 Figlio
All’esterno dell’impero Ittita duravano da secoli le città tirsene, libere, ma amiche alleate, con contatti e legami parentali con gli Ittiti; ricordo la città di Tarhuntassa ( > *Tarhunchanna > Tarquinia), Dattassa (*Tarh(un..)tassa) (leggere QUATTRO STUDI ITTITI, Fiorella Imparati); il loro potere asianico finì con la supremazia dei Lidi, con la sostituzione del nome della loro capitale, divenendo SARDI; dopo di che furono scacciati dai Lidi stessi, che li affidarono ad un Tirreno (così dice Erodoto), ossia ad uno di loro, per un viaggio senza ritorno. Emigrarono, fino a noi. Per ultimi nel territorio degli *ET-u-lus-ki > ETruschi (> ITALIA) e dei Velsini (> FÍLios > ‘ILio’); forse, insieme con loro, vennero gruppi misti, con SARDI…
Da O. E. GURNEY, GLI ITTITI, pag. 86, ecco altra notizia essenziale, che ripeto, e ripeto: ‘Immediatamente prima di TA-RU-(U-)I-SA si ha un nome scritto U-(i)-lu-si-ia da pronunciarsi VILUSIJA, che richiama l’omerica ÍLIOS , originariamente FÍLIOS. Ciò porta subito alla comparazione con il nome del regno vassallo di UIL-u-sia > VILusa > VEL-z-na > BOL-s(e)-na), il cui re, all’epoca di MUWATALLIS (ca. 1300 a. C.I, era, come ripetuto, ALAKSANDUS…..”.
Ma torniamo a O.R. Gurnej, per richiamare la memoria: negli Annali di Tudhalias IV: Ta-ru-u-(u)-i-sa (*TARHU-sia), è posta per ultimo. Da ricordare, quindi molto bene, che, elencando le città che incontrava, POSE VILUSA (ILIO) PRIMA DI TA-RU-(U-)I-SA (TROIA). CITTA’ DIVERSE.
Si trattava di due città, l’una derivava il suo nome dal dio hurrita TESHUB > Tarhui > Turhui, di orgine tirsena, l’altra dal dio Sel(as) > Vel > EL. di origine ellenica; gli Elleni se la litigarono; probabilmente la rivolevano; la riebbero.
Lui, quel dinasta, c’era andato molto prima di noi, proprio quando esistevano geograficamente; non aveva alcun motivo politico/militare per mentire.
Chi si sarà sbagliato! LUI, anche OMERO? O chi venne troppi secoli dopo, non credendo nemmeno all’insuperabile POETA; il quale descrisse SÉLas > *SILios > *VILios > FÍLIOS > ÍLIO come abitato roccioso (ripetuto, ripetutamente), con il re Alaksandus,(non ancora *AlaksandRus); mentre Troia Omero ce la descrive TERRA FERTILE (così era, era proprio diversa, con tanta terra intorno), il cui re si chiamava, invece, invece, PARIDE, proprio lui, quel diverso, specialmente per le doti personali, descritte con pochi spiccioli versi.
Ultimo re ittita: Suppiliulumas II (*SuFFiljuNuFas (affetto da troppi F) > *SULUNIAS); 1190? Fratello.
Gli Ittiti furono presenti in Asia Minore tra il 1740, ed il 1190?
Leggete O. R. Gurney; vi troverete, anche, Ahhijawa/ Achaia > Asia, Lukka (Lucca), Arzawa (Arezzo)…Ta-ru(u)-i-ja, re Paride, lo ripeto, Vilusija, con il re Alaksandus , che lo fa giurare, già detto più volte, sul dio del fiume, il cui nome suonava AESEpus dall’eteo ASUwa ‘cavallo’, radice rimasta nel nostro AS-i-no ‘del cavallo’; e quel Tudhalijas IV che, visitando quelle parti, COLLOCO’ Ta-ru(u)-i-a (città del dio Tarhui. Troia), per ULTIMO, DOPO la penultima U-i-lu-sa (Vilusa, Vílios, Fílios, Ílios; * > VUILusa > VELusa > VELusna “ VELzna”, rasa al suolo; diverrà *BOLsna > BOLsena…). MI ci spaccherei la testa, tra queste ripetizioni. Per farmi capire.
COME LETTO E RILETTO: grande e prolifica famiglia ebbe l’ellenico SÈLAS > *FELAS….> ÁLios, ÉLios “SPLENDORE > SOLE”…..
Questa città * > FEL-se-na > FOL-s-na > BOL-s(e)-na non riesce ancora a recuperare la sua velsiniità; la sua provenienza *FILiaca; vi si frappone Orvieto (Urbibendum); i tanti tomi scritti per immaginazione; ma ci sarebbe una via tanto breve, quanto obbiettiva: le MURA. Quando i Romani distrussero VOLsinium, le MURA c’erano o no? La verità sta sotto le MURA; quando le eressero, non le lavarono, disinfettarono, scavarono le fondamenta; le eressero sull’HUMUS esistente: se l’esame al carbonio 14 indica che sotto vi si trovano segni che appartenevano ad una città distrutta, ANTERIORE/COEVA, allora erano etruschi/ velsini, gli abitanti; se invece l’esame al carbonio dicesse che gli indizi risalgono a DOPO la guerra, allora vuol dire che le MURA furono erette …..dopo la distruzione della città, conosciuta come Urbibendum (Orvieto)….per proteggere i residui della popolazione, di quella città, rasa al suolo, portati…altrove. Lì a Bolsena…..
Che grandi MURA per gli sconfitti aretini! Che abitavano molto più in là, sopra una collina tufacea. Cuore ROMANO, direte. Chi ci capisce? Chi può credervi?
Quale stolto generale romano avrebbe avuto tanto stupido cuore bellico di salvare i vinti e di proteggerli con tanti massi robusti! Trascinandoli ad altra sede sicura! Senza che Urbibendum se ne accorgesse.
Da una raccolta di tomi straordinari, storici, sappiamo che distrussero tutto; un bel numero se lo portarono a Roma, per le celebrazioni dell’impiccagione. Questo sì che è vero, sta scritto sulla STORIA.
Riepiloghiamo: dunque: distruggono una città, che non ha segni di alcuna distruzione, Orvieto; vanno sopra il lago di Bolsena, giù a solide MURA, e ci insediano i quattro vinti risparmiati dalla forca. Si regge?
Vanno messi gli occhi, li, sotto le MURA di Velzna, si scoprirebbe il PRIMA etrusco della guerra ED IL DOPO romano della guerra, saltando, a piè pari, tutti i TOMI IMMAGINIFICI; di PARTE campanilistica. Va, comunque rispettata l’opera di chi credette nella sua immaginazione.
Ma torniamo a Velusa: ogni volta che mi trovo tra queste notizie, mi domando sempre: HEINRICH SCHLIMANN, ma l’avrà letta bene l’ILIADE? Avrà notato che Omero ripete, e ripete, che ILIO era ROCCIOSA e TROIA FERTILE? Che la prima aveva come re ALAKSANDUS, quello che firmò il documento di Muwatallis, re ittita (nome tirseno) e giurò sul dio del fiume AESepus; e Troia, elencata per ultimo da Tudhalias? Re vissuto nella STESSA epoca, PRIMA della GUERRA, come poteva confondere le DUE città?
Ho trovato scritto che sin da giovane leggeva affascinato l’Iliade; forse ne fu così conquistato, che quella età si frappose ad una rilettura particolareggiata, matura.
POI; poi a quei tempi molte ricerche, molti studi ancora non esano stati compiuti; si sapeva quasi niente; noi siamo stati beneficiati; altrimenti sarebbe stato certamente più informato; ma è così: le due città erano due città, alleate, ma diverse, l’una del dio Tarhui, l’altra del dio VEL; l’una retta dal re Alaksandus, l’altra da Paride; separate: quella sacra sulla roccia, l’altra sulle fertili zolle; a coltivare.
Quello che mi impressiona, è che tutti dietro per secoli, persino ORA, acriticamente: ANCHE OGGI!
Ma si rileggano l’ILIADE; si legga un’analisi di un mio articolo specifico per quel contenuto; non credano nemmeno che ÍL-i-os, IL-í-=-ados, significhi ‘di ILio il canto!’, considerando –ados, appunto ‘il canto’; io conoscevo il greco a menadito, per questo avrei dovuto tradurre il genitivo di LÁ-mp-ados ‘ il canto della luce’! Si tratta invece, rispettivamente, di IL-ía-dos (arcaico *SIL-ia-sos), e LA-mP-a-sos/ *LA-mFa-sos ‘quella della *LA-mFa. LU-me/ LU-ce’).
Ma la storia deve rimanere storia, con tutto il rispetto per tutti; perché c’è sempre qualcosa di vero in ognuno che affronta il nuovo.
Ma va letto, ri-letto il libro, si capisce, per capire meglio; per controllare da che parte stia/ sta la verità
Sito: http://www.etruschi-tirseni-velsini.it
Email: adimario2@yahoo.it a.dimario1@tin.it
Angelo Di Mario

ARTICOLO REGISTRATO SECONDO LEGGE, presso la SIAE, Sez. OLAF

 

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