CENNI SUL METODO
Qui di seguito presento essenziali cenni sul mio metodo di ricerca,
volti all’individuazione ed alla comprensione delle forme fono-morfo-logiche
delle lingue, rispettando un’unica legge, quella del relativismo
cine-fonetico di ogni elemento compositivo, variabile in un dato luogo
e in un dato tempo.
Un esempio moderno ce lo fornisce il latino, con le sue lingue, differenti
l’una dall’altra, con le migliaia di dialetti, tutti difformi
tra loro, anche se provengono da una stessa origine linguistica.
Ogni parola ha subito variazioni a volte estreme, per dirne appena poche:
lat. aqua ‘acqua’, fr. eau = ó! Lat. dic-tus, fra.
dit = di! spa. dicho = dicio! Ogni parola, rispetto ad altro luogo e
ad altro tempo, va considerata ‘sbagliata’; quindi dobbiamo
presumere una serie di varianze progressive/ regressive, da individuare;
occorre tenere presente, inoltre, che nessuna parola cambia, se non
attraverso l’uso prolungato: l’italiano avrà seguito
un ipotizzabile percorso evolutivo/ involutivo, così spiegabile:
dic-tus > *dEctus > *deTtus > dettUs > dettU > dettO
(cinque errori)…
Se consideriamo poi i livelli culturali dei tempi molto antichi, avranno
perso lingue una dietro l’altra, condiviso cambiamenti ad ogni
conquista ed invasione.
I Velsini ‘pritano’ lo dicevano purthne (*purshne, latinizzato
> Porsenna), quasi simile all’ellenico (gr.) prútanis;
ma i Lici, nella “Trilingue di Xanthos”, ci conservano un
plurale complessato: pddenehmmis ‘pritani’, quasi irriconoscibile;
per poterlo ricondurre a qualche parallelo fonetico, mi è servita
la traduzione, nel testo greco venivano chiamati ‘arconti’,
perciò non poteva che riferirsi a qualche altra autorità,
da decifrare attraverso l’accurato esame fonetico (*p()rdenesFFis).
Solo da questo mucchio di assimilazioni ed infissi ognuno può
capire quanto ci voglia a purificare certe parole, oppresse dall’ignoranza
dell’uso.
Ma torniamo allo scopo di questa esposizione: quello immediato
è di andare alla ricerca dei due popoli che ci interessano: i
*TU-rhu-s-se-s-si > *TU-r(hu)-se-(n)-ni/ Tirseni > Tirreni ed
i *VEL-i-si-s-si > *VEL-si-n-ni VEL-si-ni , gemelli dei *FEL-(e)-se-s-si
> *()EL-le-(n-)ni ‘ELl-e-ni’ ’quelli della divinità
di VEL > *(V)ELenna’ ‘di ELena’; i primi derivano
il loro nome dal dio eteo TA-rhui ‘dio del cielo’; varianza
rotacizzata, come evidente, del dio hurrico TE-shub; significa che convissero
in Anatolia; là stavano queste divinità; e chi ne portava
il nome abitava in Anatolia, ovviamente; ma ce lo testimoniano, anche,
le desinenze originarie, molto ben conservate nella lingua luvia, sono
tre: -sa, -sas, -si; genitrici di innumerevoli combinazioni e varianze
giunte fino a noi: -sa-sa > -s-sa > s-la…-s-ta…, -sa-sas,
-s-sas…; -sas-sa, -sas-sas…(*FAL-e-s-sus > FAL-e-r-nus;
*THE-u-s-sus > DI-u-r-nus, GI-o-r-no…); dunque i *TA-rhu-i-s-se-s-si
> *TA-rhu-i-s-se-n-ni > TUrs(h)e(n)no(s)ì li dobbiamo andare
a cercare là in Asia Minore, in tempi anteriori al re ittita
Muwatallis, che in Italia arrivò appena cambiato in ‘Metele’
‘Metello’; pochi cenni sufficienti; ma per completezza basta
scorrere qualche mio intervento; leggere qualche mio libro, che ognuno
può seguire questa gente, fino a quando, con lo stesso nome giunsero
in Italia, lasciarono il loro nome al mar Tirreno, ed invasero il territorio
degli Etruschi autoctoni; per questo i residenti italici gli attribuirono
quella erronea determinazione; ma gli scrittori greci continuarono a
chiamarli sempre Tursenoì, persino durante il Medioevo, nominandoli
qui in Italia. Così li conoscevano, sia nell’Ellade, che
da noi; con il loro nome esatto.
I Velsini, a cui ho fatto cenno, anch’essi vivevano in Anatolia;
la radice del loro nome risale all’ellenico ( > gr.) SÉL-a-s
‘splendore’; non tutti sanno che certe parole hanno una
estesa famiglia; così questo SÉLas (che dovrebbe però
derivare da *SER-a-s ‘sole’, eteo SAR(r)-u-ma ‘sole’
> (S)AR-ma ‘Luna’ > *arTma, T infisso; da questa varianza
abbiamo il vels. AriTimi, il lidio ArTmu, per arrivare ad ‘ArTemide’
= ‘quella del sole > luna’); questo SÉLas, dunque,
presenta una estesa serie di derivazioni: *SEL-a-s-sa > SEL-á-n-na
(Saffo) > SEL-á-na > SEL-é-ne ‘()EL-e-na’
‘luce notturna > luna’…; varianze: FAL/ FEL/ FIL,
VAL/ VEL/ VIL, AL/ EL / IL (ell. > gr. ÁLios/ ÉLios
‘sole’, sem. ILu ‘dio’); varianze più
complesse, queste qui, inficiate dalla F, ci conservano aFl (avil/ sole
> anni), aPl (Aplu < *aFlu > Apollo), aUl (*aFle > Aule/
Avle/ Aulo), FaFl (FaB > FaBouloniam ‘(l’erba) solare’,
TLE 830), FuFl (dio Fufluns ‘Solare’), PuPl (PoPulonia ‘la
città Solare’), mic. aBélios ‘sole’;
ma a noi basta, per questo breve cenno, solo VEL ‘sole’,
che genera VEL-u-s, VEL-u-s-la ( < VEL-u-s-sa, ss > sl dissimilate),
VEL-the ‘Fuoco’, VEL-che ‘Fuoco’, VEL-cha-ns
‘VUL-ca-no = fuoco’….VEL-thi-na-thu-ras < *FEL-thi-na-s-sas
‘delle SOLarità > dei VELtina’. Ditemi che non
sono preelleniche. Come si capisce, provengono dall’Anatolia anche
questi Velsini; la loro città si chiamava UIL-u-siia/ VIL-u-sja,
non è identica alla bolsenese VEL-u-s-sa > VEL-z-na? Tutte
e due queste varianti VELu-s-sa e VIL-u-s-sa continuarono a modificarsi,
rispettivamente nei loro luoghi: VEL > BOL > POL > VOL, passando
da noi a VEL-z-na (latinizzata in VOL-si-ni-i), BOL-s(e)-na, PoPulonia/
*FaFulania; mentre in Asia si riconoscono in POL-i-ch-na, sulla cartina
A Classical Map of ASIA MINOR, che la riporta presso il fiume AES-e-pus
’del cavallo’, e in POL-io-ch-ni, città scoperta
nell’isola di Lemno (ricordare che la O non esisteva ancora);
il termine rimasto in Anatolia, ossia UIL-u-siia/ VILusija, è
ricordato dal re ittita Muwatallis; costui stipulò un trattato,
giurato sul dio del fiume sotterraneo, con il re di quella città,
chiamato (F)AL-a-k-sa-n-dus, anteriore a (F)AL-é-k-sa-n-d-ros
< *FAL-e-k-sas-s-sas ‘quello della Solarità’,
vels. Elaxsntre; si trattava della famosa città di FÍL-io-s(-sa;
-n-na) ‘ILio’, che Omero vide e cantò anche presso
il fiume Xanthos, in terra Trymmysn ‘di Licia’; ciò
indica che di questo nome si fregiarono altre comunità, come
accadde con la città di Larissa/ Larsa, ce ne erano cinque, basta
consultare la cartina sopra nominata; una la ricorda anche Senofonte
nella sua “Anabasi”; ma il nome Larissa possiamo scoprirlo
ancora in Italia.
La radice LA di LA-ris-sa ha una lunga storia: LA ‘luce’,
LA-sa ‘divinità che (prov)vede’, LA-r ‘il LA-re’
latino, LA-ris, nome molto noto, LA-(e)-r-thes ‘Laerte’,
LA-ri-s-sa, LA-r-sa.
Rimando per maggiori, e più estesi particolari, ai miei articoli
e libri.
Qui volevo ripetere che sia i Tirseni che i Velsini provenivano dall’Anatolia;
e siccome parlavano, dovevano esprimersi con i termini in uso da quelle
parti ed in quella epoca; ciò fa capire subito la difficoltà
di queste lingue, così arcaiche, separate, una preittita, con
accenni all’hattico, l’altra preellenica, con parole appena
vicine al futuro ellenico: analizziamo il velsinio VES-ti-ri-ci-na-la,
proviene da *FES-ti-ri-si-s-sa, che presenta la radice KES > HES
> FES > VES > ES ‘fuoco’, seguita da tutte le desinenze
poste in evidenza; risalgono tutte a KAS ‘fuoco, luce, splendore’
> KÁS-tor ‘il dio della luce’, ad HIS-tar/ IS-tar…;
noi vi derivammo CAS-to-re, VES-ta, VES-ta-le, VES-p-ro…, ES-ta-te…,
sp. ES-t-re-l-la < *(K)ES-te-re-ku-la ‘piccola luce > (K/H/E)S-te-l-la’;
gli Elleni ES-tía ‘focolare’,…., ES-ti-a-thé-so-mai
‘accoglienza nel focolare domestico’, formula usata per
i fidanzamenti, gli sposalizi.
Per capirlo subito basterebbero questi soli dèi: per i Tirseni
spieghiamo anche Turan, dea fatta coincidere con Venere, in realtà
si tratta di una divinità femminile, forse proteggeva meglio
le donne, ne difendeva una maggiore libertà, un residuo di dominio
ancora matriarcale, individuabile presso quella società, sin
dall’inizio orientalizzante; proprio derivata dal dio maschile
Tarhui; sarà stata detta *Turhanna ‘(moglie) del dio Tarhui
> *Turhui’; mentre VEL è più accessibile; precede
appena AL/ EL ‘sole’, ellenici ÁLios/ ÉLios
‘sole’; deve significare ‘quelli del Sole/ i Solari’.
Questo cenno mostra la mobilità dei suoni, il loro divenire possibile,
diverso nel tempo e nei luoghi; ripensiamo sempre al latino, con tutte
le lingue romanze, con le migliai di dialetti, si capirà subito
il numero enorme di varianze, sia della radice, SEMPRE MONOSILLABICA,
sia della desinenza, locativa o indicativa personale, SEMPRE MONOSILLABICA;
scaturite da parlanti diversi in luoghi diversi, in tempi diversi: è
questa fenomenologia complessa che io chiamo relativismo cinefonetico.
Ecco iscrizioni tratte da M. Pallottino, “Testimonia
Linguae Etruscae”,
TLE 651:
Aulesi Metelis Ve. Vesial clensi cen fleres tece Sansl tenine tuthines
chisvlics
« Per Aule dei Metello, di Ve(l) e di Vesia figlio. Questa
(statua) come offerta è posta per il dio Sane. E’ fatta
con civica approvazione.”
“Per Aule (aFle/ Sole) dei Metello (MU-wa-ta-l-lis, MU
‘tempo’ > MU-wa (generale hurrita) > *MU-wa-ta >
‘quello del dio del Tempo’; ME-se, MA-ne…), di Ve(l)
(Sole) (e) di VES-ia (VES = ‘Fuoco’; lat. VES-ta, ell. ES-tía…)
figlio (clan < *KA-la-n, elle. KU-; dio CU-l-sa-ns ‘dio del
sesso/ della nascita’). Questa (statua) come offerta (*leres/
*leses > *letes) si pone per il dio Sane (TLE, 619 Siane; ittita
siu-, siuni-, siwanni-…). E’ fatta (tenine, termine prehattico)
con civica (umbro tuta, marrucino totai, osco toFto, touto ‘città’…tuvtiko,
toutico ‘civico, cittadino’) approvazione.”
TLE 652:
Velias Fanacnal Thuflthas alpan menache clen cecha tuthines tlenacheis
“Di Velia (VEL-i-a < VEL) Fanacna (*FAN-a-s-sas <
FAN > AN ‘Celeste’) per *Thuletha/ dio del sesso femminile
(ell. thélus, thelútes ‘sesso femminile’;
f > F infisso) il dono presentato secondo l’uso. Civico ordine.”
Evidenti i contatti palesi, che ci riconducono ad un mondo
prehattico (tenine) e preellenico (VEL).
TLE 868:
mi Aranth Ramuthasi vestiricinala muluvanice
“Questa (anfora) Aranth a Ramutha (Lucia/ Luciana) come
invito nel focolare domestico ha mandato.”
(Oggetto finito in una tomba; la donna sarà morta di
parto; e i chi l’amava avrà voluto che portasse con sé
quel dono d’amore)
AR ‘Luce > Sole > Luna’ (eteo SAR > AR
‘Luce > Sole…’); tirs. RA (abbr. per RO-sso), tirs.
RA-th-lth ‘RA-ggio/ RA-ggia-n-te’, tirs. RA-ma/ RA-mu ‘dio
della luce’, dalla divinità egizia RA ‘Sole’,
da cui anche i nomi di RE-a, RE-tia, tirseno RI-l ‘soli > anni’,
divinità etea RU-wa > RU-wa-tias, RU-ma / NU-ma ‘(città)
del dio RA > RU/ NU > RO-ma/ NU-ma’ (r/n, come da testi
in mio possesso), ell. e-RU-th-rós < *RU-sh-sos ‘RO-s-so’,
e- affissa, lat. RU-ber, sab. RU-fus, ted. RO-t ‘colore di RA’,
per tutti; ricordando che anche in quei lontani tempi, forse ci avrà
messo anni, certa cultura si diffondeva, veniva accettata; FES ‘fuoco’;
*FUL-u-Fa-si-se/ *PUL-uFa-si-se, o *MU-lu-Fa-si-se ‘mano, palmo’
> ‘ha mandato’……
Angelo Di Mario
Rimando alle mie esposizioni particolareggiate; ma qui chiare,
per chi si voglia soffermare con l’intento di condividere.
Angelo Di Mario